Eurispes Rapporto Italia 2015 - Italia: Burocrazia, il “Grande Fardello”

Il Grande Fardello, ovvero la Burocrazia e Fisco, sono il vero gancio che trattiene l’Italia. Un freno alla fuoriuscita del Paese dalla crisi che lo attanaglia e alla ripresa di un’economia che potrebbe contare sull’enorme potenzialità della quale dispone ancora l’Italia. Una potenza inespressa, imbrigliata e condizionata da un sistema di regole e vincoli soffocanti. E l’avvio del percorso di riforme che il governo sta tentando di imboccare è l’unica via di uscita possibile, sempre che si riescano a superare le resistenze interne al nostro sistema che lottano per il mantenimento dello statu quo, fatto di privilegi, corporativismi, spartizioni e interessi consolidati.

«Mentre l’economia va a rotoli e la società vive un pericoloso processo di disarticolazione - dichiara il Presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara -  assistiamo al trionfo di un apparato burocratico onnipotente e pervasivo in grado di controllare ogni momento e ogni passaggio della nostra vita».

Infatti la burocrazia arriva dappertutto, influisce su tutto, tocca e regola ogni livello di attività sociale, soprattutto nel mondo contemporaneo. E su di essa, naturalmente, si scaricano le tensioni e l’astio di coloro, che di volta in volta se ne sentono vittime.

Secondo il Presidente dell’Eurispes: «Con l’incredibile incremento della produzione legislativa necessaria a regolare la nuova complessità sociale ed economica, la burocrazia da esecutore si è trasformata prima in attore, poi in protagonista, poi ancora in casta e, infine, in vero e proprio potere al pari, se non al di sopra, di quello politico, economico, giudiziario, legislativo, esecutivo, dell’informazione».

Una burocrazia che, secondo Fara, ingloba in sé il momento progettuale (la preparazione di leggi, misure, regolamenti); organizza i percorsi di approvazione, di emanazione e di applicazione; determina sanzioni; gestisce e distribuisce le risorse, non ha bisogno della politica se non come simulacro, come involucro che serve a salvare la forma. Nella sostanza, essa stessa si è fatta politica.

«Questo progressivo allargamento del ruolo della burocrazia - spiega il Presidente dell’Eurispes - non può essere attribuito solo alla sua “volontà di potenza” o ad un innato moto riproduttivo. Esso è piuttosto la conseguenza della perdita di ruolo e di credibilità della politica e della sua capacità di rispondere ai cambiamenti sociali e culturali, alle sfide economiche, alla complessità e alla globalizzazione.

Complice la debolezza della politica, la rete burocratica ha finito per avvolgere silenziosamente il Paese e ne sta mortificando la creatività, l’impegno, la stessa voglia di fare. Basti pensare alle quotidiane difficoltà alle quali sono sottoposti gli italiani: stilare la dichiarazione dei redditi, interpretare i contenuti di un bollettino o di una comunicazione amministrativa, pagare l’Imu o la Tasi o una multa o decidere di avviare un’impresa, ottenere una qualsiasi informazione, entrare in contatto con uno dei tanti sportelli della Pubblica amministrazione sono azioni che comportano difficoltà insormontabili ad onta di una tanto celebrata trasparenza. Ma lo stesso vale per le grandi aziende e i grandi enti privati erogatori di servizi pubblici che riescono addirittura a superare in opacità, elusività e resistenza la stessa Pubblica amministrazione.

Per adempiere ai propri doveri e obblighi occorre rivolgersi ad altri specialisti, gli unici in grado di interpretare norme, circolari e regolamenti costringendo i cittadini ad una sovrattassa che, surrettiziamente, incrementa la pressione fiscale.

A tutto ciò va aggiunta la considerazione che in caso di contenzioso lo Stato, l’Amministrazione pubblica quale che sia, ha sempre ragione poiché, come si dice, “la legge non ammette ignoranza” e al cittadino non resta che subire e sopportare. Insomma, il sovrano e il suddito.

Fisco e burocrazia stanno distruggendo il Paese. L’Italia - conclude il Presidente dell’Eurispes - è ormai come l’uroboro descritto qualche tempo fa da Gustavo Zagrebelsky. L’uroboro è l’immagine mitologica del serpente che mangia la sua coda nutrendosi di se stesso.

In questo momento storico lo Stato sopravvive nutrendosi dei propri cittadini e delle proprie imprese, cioè della società che lo esprime. Con evidente miopia: che cosa accadrà quando non ci sarà più nulla di cui nutrirsi? Ed è questa la chiave per capire i motivi della crisi e della profonda sfiducia, quando non è odio, dei cittadini nei confronti delle Istituzioni e della politica.

Questa situazione insostenibile rende legittime le seguenti domande: lo Stato appartiene ai cittadini, o i cittadini appartengono allo Stato? Lo Stato è un’organizzazione di servizi a disposizione dei cittadini o questi sono al servizio dello Stato che ne organizza e ne gestisce la vita a suo piacimento?».

Queste alcune delle indicazioni che emergono dal Rapporto Italia 2015. Il Rapporto, presentato alle Autorità e alla stampa, presso la Sala Conferenze della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, è stato costruito attorno a 6 dicotomie, illustrate attraverso altrettanti saggi accompagnati da 60 schede fenomenologiche:

 

CORAGGIO/RINUNCIA • CITTADINANZA/SUDDITANZA • MORALE/DIRITTO

NATURALE/ARTIFICIALE • CITTÀ/CAMPAGNA • PRESENTE/FUTURO

 

L’indagine ha toccato le tematiche e i fenomeni correlati a ciascuna delle sezioni che compongono il Rapporto i quali hanno stimolato il più recente dibattito e l’interesse dell’opinione pubblica. In particolare, hanno partecipato e contribuito a delineare il quadro degli orientamenti presenti nella compagine della nostra società 1.042 cittadini. La rilevazione è stata effettuata nel periodo tra il 15 dicembre 2013 e il 5 gennaio 2015.

Sindrome del day by day: peggiora la situazione delle famiglie, difficoltà a pagare mutui, affitto, trasporti e cure mediche

In piena “sindrome del day by day” descritta dall’Eurispes gli italiani resistono ai contraccolpi della crisi e alle difficoltà economiche vivendo alla giornata. La condizione economica delle famiglie è peggiorata nel 76,7% dei casi.

Con un aumento di 16,4 punti percentuali rispetto al 2014, quest’anno il numero di quanti non riescono ad arrivare alla fine del mese con le proprie entrate si attesta al 47,2%. Moltissimi sono costretti ad usare i propri risparmi per far quadrare i conti: il 62,8% (in forte aumento rispetto al 51,8% di un anno fa).

I costi per l’abitazione costituiscono un serio problema economico: Il 73,1% di chi ha contratto un mutuo per l’acquisto della casa ha difficoltà a pagare le rate, così come il 69,6% di chi è in affitto non riesce a pagare regolarmente il canone.

Oltre un terzo del campione (34,4%) ha difficoltà a pagare le spese per i trasporti, mentre un preoccupante 40,9% non ce la fa ad affrontare il costo delle spese mediche. Riuscire a risparmiare qualcosa in futuro è un miraggio per 8 italiani su 10.

Comprare casa, coprire debiti, pagare cerimonie e cure mediche: 1 italiano su 3 ha chiesto prestiti negli ultimi 3 anni

Un italiano su tre (33,3%) ha chiesto un prestito bancario nel corso degli ultimi tre anni, che nel 7% dei casi è stato negato. I prestiti vengono contratti soprattutto per l’acquisto dell’abitazione (42%), ma anche per far fronte alla necessità di pagare debiti accumulati (29,3%), saldare prestiti contratti con altre banche/finanziarie (23,9%), affrontare le spese per cerimonie (23,3%) e per le cure mediche (23,3%).

Peggiora la situazione economica del Paese nell’ultimo anno secondo 9 italiani su 10. Il 55,7% non crede nella ripresa

Se il presente è incerto, il futuro non è roseo. Quasi 9 italiani su 10 (88,1%) ritengono che la situazione economica del nostro Paese sia peggiorata nel corso dell’ultimo anno e i pessimisti su una ripresa nel corso di quest’anno continuano ad aumentare (+10,1%:55,7%, erano il 45,6% nel 2014). Circa un terzo del campione (33,9%) pensa invece che la situazione resterà stabile (36,4% le risposte raccolte lo scorso anno). Sono ben pochi, infine, gli ottimisti: solo per il4,6%la situazione migliorerà contro l’8,2% di chi lo scorso anno manifestava sicurezza in questo senso.

Aumentano gli italiani che andrebbero a vivere all’estero (45,4%; +4,8%), soprattutto per lavorare (32,1%)

Quasi Il45,4%degli italiani si traferirebbe all’estero, un dato in aumento rispetto alle precedenti indagini (40,6% nel 2011 e 37,8% nel 2006). I più propensi ad andare a vivere in un altro paese sono gli studenti (quasi il65%). Anche la maggioranza di coloro che sono in cerca di una nuova occupazione (59,8%) e la gran parte di chi è alla ricerca del primo impiego (52,7%) si dicono pronti a mettersi in gioco andando all’estero. La ricerca di maggiori opportunità di lavoro (32,1%) è la motivazione più sentita per la quale si è disposti a cambiare vita e paese. La seconda ragione è quella che vede nell’espatrio più opportunità per i figli (12,2%), seguita dalla ricerca di maggiori garanzie sul futuro (9,6%).

Un italiano su quattro pensa che vivere in Italia sia una sfortuna.

Il 39,5% degli italiani ritiene il vivere in Italia una sfortuna. Nel 2012, di fronte alla stessa domanda, la percentuale di chi considerava una sfortuna vivere nel nostro Paese era decisamente più bassa (26%); si delinea quindi un aumento del 13,5%.

Il lavoro: difficoltà nella gestione del tempo e nella conciliazione, incertezza per il futuro e difficoltà economiche

Chi ha un lavoro lamenta soprattutto poco tempo per se stesso (68,1%) e difficoltà di conciliare lavoro e famiglia (52,4%).

Oltre la metà dei lavoratori (57,7%) non si sente in grado di fare progetti per il futuro, dato comunque lievemente migliore al 63,4% registrato dalla precedente inchiesta dell’Eurispes. Una lieve tendenza al miglioramento si presenta anche in relazione alla possibilità di sostenere spese importanti: dal 66,1% del 2014 al 57% del 2015.

Aumenta invece il numero di quanti indicano la necessità di cercare una nuova occupazione: il 32,6% (22,4% nel 2014).

In parallelo cresce (+8) il numero di chi non si sente in grado di dare garanzie alla propria famiglia con il proprio lavoro fino a quota64,7%. Deve ricorrere all’aiuto della propria famiglia (genitori, parenti) il 28% di chi lavora.  Pur avendo un’occupazione, il55,6%dei lavoratori ammette di avere difficoltà ad arrivare a fine mese.

Potere d’acquisto eroso per 7 famiglie su 10. Si taglia su tutto, rivolgendosi più spesso a punti vendita economici per cibo e abbigliamento. Auto, animali domestici, baby sitter o un aiuto in casa sono diventati un lusso. Aumentano le rateizzazioni per sostenere le cure mediche (46,7%,+24,3%)

L’erosione del proprio potere d’acquisto è ormai un dato di fatto per 7 italiani su 10 (71,5%) che hanno visto nell’ultimo anno diminuire nettamente o in parte la capacità di affrontare le spese con le proprie entrate.

A mutare non sono solo i modelli di consumo che si esprimono con la contrazione degli acquisti indirizzati al superfluo (tempo libero, pasti fuori casa, parrucchiere, estetista, ecc.), ma anche i modelli di acquisto (e-commerce e mercato dell’usato).

Ci si rivolge più spesso a punti vendita economici come grandi magazzini, mercatini, outlet (lo fa l’84,5%contro il 75,3% dello scorso anno) e si rimandando gli acquisti ai saldi (l’88,2% vs l’82,9%).

L’81,7% cambia marca di un prodotto alimentare se più conveniente (+5,8). È aumentata di ben 13 punti la percentuale di chi si è rivolto ai discount (70,9%) per la spesa alimentare. I tagli si riflettono anche sugli articoli tecnologici, l’80,1% (+8,5), quelle per la benzina, con un maggiore utilizzo dei mezzi pubblici (41,6%), quelle dedicate agli animali domestici (49,5%), per la baby sitter (53,5%) e per i collaboratori domestici (60,8%).

Il 44,2% dei consumatori fa sempre più riferimento al mercato dell’usato (+18,3%), il 48,8% (+4,8) ha dichiarato di aver effettuato acquisti online per ottenere sconti e aderire ad offerte speciali.

Il dato sui tagli sulle spese mediche (32,3%) va di pari passo con l’aumento delle rateizzazioni per coprire i costi per curarsi (46,7%,+24,3%).

Non c’è più nulla da vendere? Dopo il boom, diminuiscono le famiglie che si rivolgono ai compro-oro (-14,2% rispetto al 2013)

Il progressivo esaurimento dei preziosi in possesso delle famiglie è confermato dall’andamento del dato riferito a quanti si sono rivolti ad un compro-oro: il fenomeno aveva conosciuto un’impennata (passando dall’8,5% del 2012 al 28,1% del 2013) di quanti avevano dichiarato di vendere i propri beni preziosi ai “compro-oro”; nell’indagine del 2014 la percentuale aveva subìto una contrazione di quasi 10 punti attestandosi al 18,7%, che prosegue nel 2015 fino al13,9%.

Causa crisi, aumenta il rischio usura (+5,4%). Cresce il fenomeno dell’“usuraio della scrivania a fianco”

In aumento anche il rischio usura e il numero di quanti riferiscono di avere chiesto nell’ultimo anno soldi in prestito da privati (non parenti/amici) non potendo accedere a prestiti bancari: dal 10,1% al 15,5% di quest’anno. Va considerato che una domanda “sensibile” ha un tasso di risposta atteso più basso di quanto effettivamente non sia la realtà.

Impiegati, liberi professionisti, ma anche pensionati: la crisi morde e a rivolgersi agli strozzini negli ultimi cinque anni sono state per il 52% persone con un reddito fisso, le famiglie della porta accanto, secondo la Federazione delle associazioni antiracket e antiusura. Cresce il fenomeno dell’“usuraio della scrivania a fianco”, quando sono gli stessi colletti bianchi a prestare soldi a strozzo a colleghi in difficoltà. Se nel 2004 la categoria più vessata dagli usurai era quella dei commercianti, tre anni più tardi a fianco a loro sono arrivati i dipendenti. Ma l’usura si annida con le stesse modalità all’interno delle piccole e medie imprese e addirittura in ambito parentale, come evidenziato da numerosi recenti fatti di cronaca.

In aumento gli euro-delusi (+14,4%). Tra questi il 55,5% vuole uscire dall’euro perché ha indebolito la nostra economia

L’indagine Eurispes segnala un deciso incremento di quanti non vedono più nell’introduzione dell’Euro una “benedizione”. L’aumento degli euro-delusi va letto come il segnale che qualcosa sta cambiando. Quattro italiani su dieci (40,1%) pensano infatti che l’Italia dovrebbe uscire dall’euro, una quota che si attestava ad inizio 2014 al 25,7%. Su questo risultato pesano certamente le vicende greche che hanno attivato anche da noi sentimenti di “Grecia-fobia”: siamo consapevoli di una realtà con la quale dobbiamo fare i conti, perché siamo in Europa e nessuno degli Stati che ne fanno parte può dirsi al riparo rispetto ai meccanismi innescati dalle politiche di unione monetaria prima, e da quelle di austerità seguite alla crisi, poi. In molti ormai si chiedono: “accadrà anche a noi?”.

Il 55,5% degli euro-scettici ritiene che l’Italia dovrebbe uscire dall’euro poiché è stata proprio la moneta unica una delle principali cause dell’indebolimento della nostra economia. Molti sono convinti, inoltre, che l’euro abbia avvantaggiato esclusivamente i paesi europei più ricchi (22,7%) e che non si sia affiancata ad un’unione economica una reale unità dell’Europa (21,1%), intesa evidentemente a livello sociale e politico.

Spiega il Presidente dell’Eurispes: «Quella che si registra è una sostanziale delusione delle aspettative che erano maturate nel corso degli anni, procurata soprattutto dalla mancanza di una effettiva integrazione, dalla crisi economica che l’Unione stessa non sembra in grado di governare e dall’evidente strapotere degli interessi di alcuni paesi sugli altri.

La sensazione è che l’Europa non riesca a riflettere e mettere a frutto le sue potenzialità e, soprattutto, il suo primato storico e culturale. Il “motore” del mondo sta diventando la ruota di scorta e arranca nel tentativo di tenere il passo con le società e le economie più vivaci, frenata dall’intreccio degli interessi nazionali e dalla mancanza di visione e di proiezione del proprio ruolo nel mondo».

Sette italiani su dieci (69,4%) vedono diminuita la propria fiducia nelle Istituzioni

Il Presidente della Repubblica uscente raccoglie un buon grado di consenso (45,3%), anche se in molti vedono nelle sue dimissioni un elemento positivo per il Paese che potrebbe avere l’opportunità di “svecchiarsi”(35,6%). È emersa  inoltre una generalizzata rassegnazione insieme ad un sentimento affatto costruttivo di quanti ritengono che il cambio alla Presidenza non porterà alcun mutamento rispetto all’andamento della situazione italiana (43,4%).

Il Governo raccoglie un tasso di fiducia al 18,9%, basso ma lievemente in crescita rispetto alle rilevazioni passate. Il Parlamento continua a segnare una diminuzione del grado di fiducia10,1% (-6% rispetto al 2014). Male quest’anno la Magistratura che fa molti passi indietro (28,8%) con un crollo di consensi del 12,6%.

Nel clima di generale sfiducia, le Forze dell’ordine e quelle Armate continuano ad essere un punto fermo per gli italiani

Nell’indagine realizzata in apertura del 2015 possiamo affermare che la diminuzione dei tassi di fiducia nelle Istituzioni di sicurezza, controllo e prevenzione registrati nel 2014 hanno rappresentato un fenomeno marginale. Tornano in crescita i Carabinieri con il 73,4% dei consensi (+3,5%), recuperando in parte i 6,4 punti percentuali persi lo scorso anno.AncheGuardia di Finanza e Polizia di Stato tornano a segnare un andamento positivo, ma la prima supera la seconda con il 66,8% del gradimento contro il 63%. Si tratta di un sorpasso che si verifica per la prima volta all’interno della serie storica 2008-2015.In aumento anche il dato riferito alCorpo Forestale dello Stato (dal 62,6% del 2014 al 64,6% del 2015), confermando uno stretto rapporto di stima presso gli italiani. La Polizia penitenziaria balza in avanti di ben 12,2 punti (57,8%).

I risultati dell’indagine non solo confermano che il consenso espresso dagli italiani nei confronti delle Forze Armate è ampio e sempre al di sopra del 50%, ma anche che continua a crescere. È soprattutto la Marina Militare a raccogliere il più alto apprezzamento presso gli italiani con il73,5% dei consensi e +5,8 punti percentuali rispetto al 2014. Un risultato che la porta in cima non solo alle Forze Armate ma anche sul podio nel confronto con le Forze dell’ordine. Sarebbe forse meglio parlare di un ex equo visto che l’Arma dei Carabinieri si attesta al 73,4%. L’Aeronautica Militare ottiene il 72,3% dei consensi con un 7,1% in più dello scorso anno. Infine, l’Esercito Italiano raccoglie un livello di gradimento del 68,4% (era il 59,3% nel 2014).

 

Su tutti il Volontariato: con un tasso di consensi al 78,8%

Per le altre Istituzioni, pubbliche e non, il livello di consensi si ripartisce così: vanno oltre il 50% di consensi il volontariato (78,8%; +4,3%), la Protezione Civile (70%), +11,8%), la Scuola (62,1%; +8,5%), le associazioni dei consumatori (55,2%; -1,4%). Si attestano su percentuali che non superano il 40% la Pubblica amministrazione (39,1%; +18,1%),  le associazioni di imprenditori (34,2%; -4,9%), i sindacati (33,9%; +14,7% ), le confessioni religiose non cattoliche (18,4%; -4,7%) e i partiti (15,1%;  +8,6%).

 

La Chiesa, dopo un lungo periodo di crisi, riconquista la fiducia degli italiani. Secondo ilPresidente dell’Eurispes: «È importante la posizione assunta dal Papa, anche a seguito degli avvenimenti che hanno colpito la Francia e che hanno acceso a livello internazionale un animato confronto culturale e politico sul ruolo delle religioni.

Il “pugno” del quale ha metaforicamente parlato il Papa - spiega Gian Maria Fara - pone in termini decisivi il tema del rispetto nei confronti dei valori e delle identità altrui e del riconoscimento dell’altro da sé.

La nostra società, totalmente secolarizzata, presume che i suoi “valori” debbano essere assunti aprioristicamente da tutti indipendentemente dalle storie, dalle religioni, dalle tradizioni, dalle culture e dalle latitudini. E di conseguenza trova scandaloso che altri possano non accettare la nostra visione del mondo. Noi pretendiamo di esportare il nostro “pensiero unico dell’Occidente industrializzato” senza considerare che ancora oggi miliardi di persone vivono la religione e il senso del sacro come un fatto esistenziale per il quale poter anche mettere in gioco la propria vita».

«L’aver rinunciato ad una parte consistente della nostra identità - prosegue il Presidente dell’Eurispes - e del nostro patrimonio culturale ci rende forse meno preparati nel confronto con le identità altrui e ci porta a sottovalutare le possibili reazioni di chi, invece, vuole mantenere e difendere la propria. Nello stesso tempo, chi ci attacca, pensando di poter provocare all’interno dell’Europa uno scontro tra musulmani e non musulmani, così come profetizzava Abu Mussab Al Suri, portavoce di Bin Laden, nel 2004, non ha fatto i conti con il livello al quale è giunto il nostro degrado.

Tuttavia, per quanto violenti ed eclatanti possano essere questi attacchi, così come accaduto a Parigi e in altri paesi europei, il terrorismo non riuscirà a provocare alcuna guerra di religione - secondo Fara - per almeno quattro motivi: il primo è che non c’è nessuna religione da difendere in un’Europa fortemente secolarizzata, più attenta ai valori economici che non a quelli spirituali; il secondo è che, per quanto gravi possano essere gli attacchi, essi vengono rapidamente sminuzzati, spettacolarizzati, metabolizzati e consegnati alle infinite discussioni e strumentalizzazioni politiche e ai dibattiti dei talk show televisivi. Neutralizzati tra uno spot di “Poltrone e sofà” e l’ultimo profumo di “Dior”.

Il terzo è che i terroristi, e chi li guida, non hanno capito che tentare di scalfire una società “evanescente” come la nostra è come pretendere di affettare la nebbia con la scimitarra, sparare ad una nuvola, catturare l’aria con le mani.

Il quarto è che la teoria e la storia insegnano che il terrorismo destabilizzatore può anche avere funzioni stabilizzatrici, come dimostra la “rinascita” del Presidente francese Hollande, ritornato, dopo una fase di totale declino, ai vertici nei sondaggi d’opinione».

 

Boom di consensi nei confronti della Chiesa cattolica (62,6%; +13,6).Papa Francesco traghetta la Chiesa nel Terzo millennio con un consenso plebiscitario: 89,6%.

Sorprendente il boom di consensi nei confronti della Chiesa cattolica. Già nella precedente rilevazione si segnava un aumento positivo degli italiani che fanno affidamento nella Chiesa – dal 36,6% del 2013 al 49% del 2014 – dovuto soprattutto alle speranze riposte nell’elezione del nuovo Papa e al trascinante “effetto Bergoglio”. A distanza di un anno il Papa sembra convince ancora di più i cittadini e i fedeli. La Chiesa infatti riesce finalmente a superare la soglia del 50%, dato mai raggiunto nella serie storica 2009-2015, arrivando al62,6%dei consensi, ben 13,6 punti percentuali di crescita.

Il consenso nei confronti della Chiesa cresce in tutte le fasce d’età, ma con un netto miglioramento soprattutto tra i giovanissimi: dal 27,1% al 51,1%di quanti hanno dai 18 ai 24 anni; dal 34,3% al 53,5%tra i giovani dai 25 ai 34 anni.

Sono soprattutto le persone rimaste vedove (77,3%) e quelle sposate (69,9%) ad attestare il proprio gradimento; segue la categoria dei separati/divorziati (63,6%), nei confronti dei quali l’apertura della Chiesa si è rinnovata, grazie al nuovo indirizzo di Papa Francesco.

Insomma, Francesco lavora per traghettare la Chiesa nel Terzo millennio e ridarle quel ruolo di vicinanza ai fedeli (e non solo) che i processi di secolarizzazione hanno lungamente intaccato.Ancora con più forza, quest’anno possiamo affermare che il giudizio positivo rispetto al papato di Francesco è plebiscitario.Interrogati, infatti, sulla figura del Pontefice e sull’ipotesi che stia dando nuovo slancio alla Chiesa cattolica, l’89,6% degli italiani concorda con questa idea. Una linea di tendenza che si mantiene stabile rispetto allo scorso anno e che, anzi, cresce (+2,5%).Non fa eccezione alla diffusa convinzione che Papa Francesco abbia ridato nuovo slancio alla Chiesa neanche l’area politica di appartenenza degli intervistati dove il dato tocca picchi che sfiorano il 100%.

Il 79,2%degli italiani ritiene che il Papa rispetto ai temi etici sia addirittura più avanti dei fedeli e l’89%è convinto che lo sia più delle gerarchie ecclesiastiche. Questo sentire positivo cambia solamente alla domanda se, rispetto ai temi etici, il Papa riuscirà a superare le resistenze delle gerarchie ecclesiastiche: gli scettici sono il44%, mentre i fiduciosi il55,6%.

Temi etici e diritti: sì a coppie di fatto (64,4%), ma ancora non convinti dei matrimoni gay (40,8%). Favorevoli soprattutto a eutansia (55,2%), testmento biologico (67,5%) e legalizzazione della prostituzione (65,5%)

Condivisa la necessità di tutela giuridica delle coppie di fatto indipendentemente dal sesso dei partner (64,4%). La fecondazione eterologa raccoglie il 47,2% dei consensi, la possibilità di ricorrere all’utero in affitto il 49,8% e la pillola abortiva il 58,1%.

Gli italiani si dicono favorevoli all’eutanasia nel 55,2% dei casi e al testamento biologico nel67,5%, mentre il suicidio assistito segna il 66,5% dei contrari. La maggioranza non è favorevole ai matrimoni omosessuali (59,2%) né alle adozioni (72,2%).

La legalizzazione delle droghe leggere raccoglie il 33% dei consensi, ma ciò che sembra diffusamente auspicata è la legalizzazione della prostituzione (65,5%). L’utilizzo delle staminali per le cure mediche vede una posizione compatta dei favorevoli fino all’86,6%.

Ancora in calo il numero di chi riferisce di avere accolto un animale in casa: dal 39,4% al 33%.

La presenza di animali domestici nelle case italiane fa registrare un picco nel 2013, in cui oltre la metà del campione dichiara di avere adottato un beniamino animale (55,3%), all’interno di un trend che vede invece assottigliarsi negli anni questa percentuale: si passa infatti dal 41,7% del 2012 al 39,4% del 2014 al 33% di oggi.Probabilmente ad essere diminuito negli italiani non è l’affetto verso il mondo animale, ma la disponibilità economica. Tra coloro che negli anni passati sostenevano di ospitare in casa propria più di un animale, la tendenza oggi potrebbe essere quella, per motivazioni prettamente economiche, di non “rimpiazzare” gli animali che muoiono. Allo stesso tempo, come segnalato nell’indagine Eurispes con i veterinari del Fnovi, la tendenza alle adozioni o ad accogliere un animale in casa si è molto contratta.Nelle nostre case trovano posto soprattutto cani (63,1%) e gatti (41%). La stragrande maggioranza (81,9%) di chi ha un animale non oltrepassa la soglia dei 50 euro mensili per le spese dedicate al proprio pet.

Si conferma il sentimento di amore e rispetto per il mondo animale, insieme ad un atteggiamento di protezione.

A conferma che gli animali siano comunque amatissimi, i risultati della sezione del sondaggio di quest’anno dedicata ai temi e valori etici riferibili al mondo animale. Gli italiani si schierano contro l’attività legata alla produzione di pellicce utilizzando animali (90,7%), la sperimentazione (87%), la caccia (78,8%), i circhi (68,3%) e i delfinari (64,8%). Inoltre, sono favorevoli all’accesso degli animali da compagnia nei luoghi pubblici (56,5%) e nelle strutture ricettive (56,8%), e caldeggiano una legge che equipari gli equidi (cavalli, asini, ecc.) agli animali da affezione e impedirne la macellazione (64,4%). Gli zoo restano amati da circa la metà del Paese (46,7%), nonostante anche questo dato sia in calo rispetto all’anno passato in cui si attestava a quota 56,2% (-9,5%).

Iperconnessi: il 67% si è ormai dotato di uno smartphone. Online si fanno anche acquisti (59,9%) e si controlla conto bancario (53%). Praticamente tutti hanno un profilo su Facebook (95,7%), dove però il 43,1%  ha sentito violata la propria privacy

Secondo le rilevazioni Eurispes 2015, l’apparecchiatura tecnologica più diffusa nelle famiglie italiane risulta essere lo smartphone (67%). La diffusione dei telefoni cellulari collegati ad Internet batte dunque, seppure di poco, quella dei computer portatili (64,4%), dei computer fissi (62,7%), dei lettori DVD (62,6%). Circa un terzo del campione afferma di possedere un tablet/ipad (36,8%), l’abbonamento alla Tv a pagamento (36%), una smart tv (33,3%), un lettore mp3/ipod (30,7%), una consolle per videogiochi (Playstation/PSP/Xbox/Wii) (29,1%). Solo l’11,3% ha un e-book.

In quale modo si usa il telefonino? Chiaramente per chiamare ed essere chiamati (99,5%) ed inviare e ricevere sms (88%). Molto diffusa è anche l’abitudine di fare foto/filmati (65,3%), inviare/ricevere foto/video (64,1%), navigare su Internet (61,2%), comunicare tramite WhatsApp e altre applicazioni di messaggistica (60,6%). La metà degli intervistati usa le applicazioni. Riferisce di usare i Social Network (Facebook, Twitter ecc.) tramite smartphone il 41,8% del campione. Il 40,2% usa il telefonino anche per lavorare, il 34,2% ascolta la musica, quasi un terzo (31,1%) gioca.

Invece Internet viene soprattutto per cercare informazioni di interesse personale (98,4%) ed inviare e ricevere email (88,2%) e dalla larga maggioranza per guardare filmati su YouTube (64,6%) ed utilizzare Social Network (60%). Sono ormai la maggioranza di chi naviga coloro che fanno acquisti on-line (59,9%) e controllano il proprio conto bancario (53%). Il 48,5% scarica musica/film/giochi/video.

La quasi totalità del campione (95,7%) è attiva su Facebook. In molti anche su Twitter (43,2%), Google+ (40,1%), Instagram (34,2%), e Linkedin (20,9%). Ben il 43,1% di chi ha un profilo su Facebook afferma di aver sentito violata la propria privacy perché qualcuno ha pubblicato online foto in cui era presente; il 15,5% ha provato questa sensazione vedendo pubblicato un video in cui era presente; il 14,3% ha sentito violare la propria privacy da frasi pubblicate online che rivelavano suoi fatti personali.

«L’utilizzo di massa delle nuove tecnologie - dichiara il Presidente dell’Eurispes - ci pone davanti a nuovi interrogativi. La pervasività, apparentemente silenziosa e quasi confortevole, del cyberspazio in cui viviamo, è destinata ad aumentare con l’avvento di una nuova Era, la cosiddetta Internet of Things. Oltre ai cambiamenti sociali ed economici che questo comporterà, non possiamo più ignorare il fatto che le guerre si combatteranno sempre più sul “filo” del Web. Più di ogni cosa è quindi fondamentale adeguare il Sistema Paese a questo nuovo scenario, facendo prevenzione, gestendo i rischi e gli eventuali incidenti in maniera tempestiva ed in tempo reale. Che cosa accadrebbe infatti al nostro Paese se venissero aggredite le nostre infrastrutture critiche? Siamo pronti per affrontare i nuovi scenari delle guerre cibernetiche?

La sicurezza informatica finora è stata intesa come un costo eliminabile, a discapito però dei costi successivi, decisamente più consistenti, che vengono sostenuti per colmare le falle e danni prodotti dagli attacchi.

Questo corso negativo - secondo Fara - ha però subìto una inversione “ad U” e l’Italia sta puntando molto sulla diffusione della cultura della sicurezza. Gran parte del merito è da attribuirsi alla Presidenza del Consiglio che, con i suoi vari Organi, in particolare il Dis - i nostri Servizi segreti -  sta costruendo un percorso indispensabile per garantire alla nostra Nazione una sicurezza di tipo globale».

 

Se il quadro generale che emerge dal Rapporto 2015 descrive un Paese in crisi d’identità e di prospettive economiche – in cui il cittadino è funzionale allo Stato e non viceversa, in cui l’Amministrazione è in realtà una burocrazia chiusa a riccio, in cui la politica latita, in cui l’informazione è funzionale a se stessa – come e quando si potrà determinare un’inversione di rotta?

 

Secondo il Presidente dell’Eurispes: «Si incontrano e si scontrano e si sovrappongono almeno tre differenti visioni dell’uscita dalla crisi. La prima – forse quella minoritaria ma in auge fino a qualche anno fa – che chiameremo “conservatrice-neoliberista” ci dice che “va bene così”, che il mercato è e sarà la medicina giusta da assumere per svegliarci magicamente guariti, emendati da alcuni atavici difetti nazionali grazie alle frustate rivitalizzanti con cui ci sferza l’Europa.

La seconda, che chiameremo “apocalittico-nichilista”, pretende, fedele all’idea che niente meriti di essere conservato e che tutto ciò che esiste è degno di perire, che il Paese debba essere smontato e ricostruito partendo dalla democrazia orizzontale del “mi piace”.

La terza, che definiamo “messianico-riformista”, è sostenuta da chi si oppone alle prime due perché diversamente ma egualmente improponibili. Di conseguenza, non si può che confidare su di un mix di rinnovamento e conservazione. Riforme radicali congiunte alla valorizzazione delle eredità positive: una ricetta in grado di farci tornare in assetto e recuperare almeno parzialmente il tempo perduto.

Quella che sembra affermarsi è questa terza visione. La prima è stata archiviata e la seconda ha spaventato anche parte di quegli italiani che l’avevano sposata. Una cosa è certa. Einstein diceva: “Non possiamo risolvere i nostri problemi con lo stesso modo di pensare che abbiamo avuto nel crearli”».

 

Due questioni infine restano aperte. E sono gli interrogati sui quali il Presidente dell’Eurispes invita a riflettere: «La prospettiva di questo cambiamento di rotta riuscirà a superare le resistenze interne al nostro sistema che premono per il mantenimento di uno statu quo fatto di privilegi, spartizioni e interessi consolidati? I nostri partner europei, al di là delle esternazioni ufficiali, vogliono veramente un’Italia più forte, più moderna, più concentrata nella valorizzazione dei propri asset, più appetibile sul piano economico e finanziario, più autorevole e presente sulla scena internazionale?».